11/20/2008

USI CIVICI: Studio 777 del 21/05/1994 della Commissione Studi del Consiglio Nazionale del Notariato

COMMERCIABILITÀ DEI TERRENI SOGGETTI AD USO CIVICO - Sunto (per il testo integrale scaricare il file allegato):


1. Tematiche d'interesse notarile.
Il tema dell'uso civico ha affascinato soprattutto gli storici del diritto, mentre gli studiosi del diritto vigente se n'erano occupati finora soltanto di passaggio, prevalentemente sul versante del diritto pubblico, alla ricerca dell'esatta collocazione sistematica del godimento collettivo a favore delle popolazioni che potevano invocare l'uso civico. Solo di recente è stata data maggiore consistenza alla trattazione della materia, con opere monografiche di vasto respiro.
La giurisprudenza della Cassazione sembra prevalentemente orientata a ritenere che l'atto in violazione delle norme della legge del 1927 sugli usi civici sia nullo per impossibilità dell'oggetto, ciò per l'incommerciabilità del terreno soggetto ad uso civico ed afferma che un atto del genere sia nullo insanabilmente in tutti i casi, senza possibilità di sanatoria.
Le terre private gravate da uso civico possono trovarsi in una delle seguenti situazioni:
a) procedura di liquidazione dell'uso civico non ancora iniziata o tuttora in corso;
b) procedura di liquidazione dell'uso civico già conclusa o con lo scorporo di una parte del terreno a favore del Comune, oppure con l'imposizione al privato proprietario di un canone a favore del Comune, canone che può essere affrancato o meno, fermo restando che l'estinzione dell'uso civico e la piena privatizzazione del fondo agricolo potrà aversi soltanto con l'affrancazione del canone, mediante il versamento, in unica soluzione, di una somma pari a venti volte l'importo del canone stesso.
Nell'ipotesi sub a) l'uso civico non è stato ancora liquidato, ma trattandosi di terreno di dominio privato, il terreno stesso è commerciabile, poiché nessuna norma né della legge del 1927, né del regolamento del 1928 ne prevede l'inalienabilità. E' peraltro chiaro che l'alienazione del terreno, pur valida sul piano civilistico, non sarà tale da estinguere gli usi civici, che continueranno ad insistere sul fondo, limitandone il dominio, ma non impedendo l'esercizio di facoltà, come la facoltà di alienazione, che possono convivere con l'utilizzazione del fondo per gli usi della collettività locale. I notai vengono consigliati in tal caso di far emergere dal testo del rogito gli usi civici gravanti sul terreno;[11] ciò a dimostrazione dell'esigenza di informare la parte acquirente delle limitazioni cui essa va incontro con l'atto di acquisto.
Nell'ipotesi sub b) se si è verificata l'affrancazione, con il pagamento della somma pari a venti volte il canone di natura enfiteutica, il terreno può considerarsi del tutto liberato dagli usi civici, con la conseguenza che in tal caso il terreno sarebbe alienabile, suscettibile di utilizzazione diversa (anche edilizia) ed assoggettato a tutte le norme codicistiche che disciplinano il privato dominio.
Se invece l'affrancazione non si è ancora verificata, il bene, pur trasferibile, deve ancora ritenersi assoggettato ad uso civico e sarebbe opportuno, sul piano del più lineare esercizio della professione notarile, che il notaio indicasse l'esistenza degli usi civici in atto, per informarne adeguatamente soprattutto la parte acquirente.
Va in proposito sottolineato che la legge del 1927 (art. 7) parla di "canone di natura enfiteutica"espressione che, peraltro, secondo l'opinione della giurisprudenza, non significa "canone enfiteutico", [14]tant'è che da parte della dottrina si ritiene che non trovi applicazione la disciplina codicistica: ad es. l'art. 972 (infatti il mancato pagamento del canone non dà luogo a devoluzione), l'art. 960 (non sussiste l'obbligo di migliorare il fondo proprio dell'enfiteuta), l'art. 970 (non sussiste la prescrizione per non uso ventennale prevista per il diritto dell'enfiteuta).[15]

[11] Così Nota Assessorato Agricoltura e foreste Regione Lazio, 11 giugno 1990, prot. 3375.

[14] V. in questo senso Cons. Stato, 21 ottobre 1953, n. 852; App. Roma, Sez. Usi civici, 12 dicembre 1950, in Giur. compl. cass. civ., 1951, I, 801, con nota di JANNITTI PIROMALLO.

[15] V. in questo senso JANNITTI PIROMALLO, Natura giuridica dei canoni demaniali, in Giur. compl. cass. civ., 1951, I, 801; sostanzialmente nello stesso senso v. CERULLI IRELLI, Proprietà pubblica, cit., pag. 245, il quale peraltro afferma che ciò non esclude che il canone debba essere rivalutato, ad impedire un danno per i diritti delle popolazioni.

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